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Lo stupro e le parole violente di un prete spiegati a mia figlia

  • Comune-Info
  • 12 nov. 2017
  • 1 min de lecture

Parlo spesso con mia figlia di quello che succede nel mondo. Ci sono fatti che mi colpiscono nel profondo. Non so, forse è il mio modo per proteggerla. Per abbattere i muri delle sue certezze. Sono brava se. Sono tutta d’un pezzo se.

Così le racconto della ragazza di Bologna, dello stupro, del fatto che quella giovane donna fosse nel luogo sbagliato, delle parole di don Guidotti e di altri uomini.

Parlo con lei che frequenta un gruppo scout, che con loro, non con me, va in chiesa. Ascolta un prete che per fortuna dice altre cose. Non usa epiteti (come buco di culo o cazzo ) per esprimersi.

Voglio che sappia che si può perdere, sbagliare strada, che succede, che la vita non è facile per alcuni ragazzi e che spesso i genitori cercano di fare il meglio ma, a volte, non basta, e non per questo nessuno è motivato a praticarle violenza. A offenderla. Umiliarla. Che non ci sono parole che possa dire. Una gonna corta. Una serata con le amiche. Un autobus preso per tornare a casa. Gesti che possa fare che giustifichino la prepotenza. Un pugno. Parole brutte. Uno stupro...

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