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Aborto, abrogare l’obiezione è l’unica soluzione

La Regione Lazio ha indetto un concorso per due-medici-due che garantiscano il diritto delle donne all’interruzione alla gravidanza, e si è scatenata la vandea clericale, Conferenza episcopale punta di diamante e canea bigotta al seguito. Eppure oggi quel diritto per ogni donna, introdotto per legge nel 1978 (39 anni fa!) è larghissimamente negato: su scala nazionale i medici che si rifiutano per obiezione di “coscienza” sono il 70%, in molte regioni il 90% e oltre. Gli aborti clandestini sono ripresi, e perfino i viaggi per abortire all’estero. Le due-assunzioni-due, sacrosante, sono una goccia nel deserto. In realtà l’unico modo per assicurare il diritto delle donne a interrompere la gravidanza (nelle circostanze previste dalla legge) è l’abrogazione dell’obiezione. Obiezione che nel caso dell’aborto aveva una giustificazione solo per medici e infermieri (e specializzandi in ginecologia) che fossero già tali al momento dell’entrata in vigore della legge. Erano infatti entrati nella professione quando il diritto della donna all’interruzione della gravidanza non era riconosciuto. Ma da quel momento in poi (ribadito solennemente da un referendum) quel diritto faceva parte delle prestazioni che è doveroso garantire. La legge avrebbe perciò dovuto stabilire che da quella data in poi chi sceglie ginecologia (come medico o come infermiere) non può rifiutarsi di praticare aborti...

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